martedì 29 novembre 2011

WE ARE YOUNG, WE RUN GREEN

Vento di cambiamento, ragazzi.

Dite pure addio alla vitaccia che facevate prima, ora ci sono dei tecnici che stanno lavorando per il nostro benessere. Io mi sento già meglio, devo essere sincero. Sarà che adesso il Milan non è più la religione di Stato, sarà che posso comprare libri anche non Mondadori senza sentirmi un comunista oppure sarà semplicemente che a volte mi deprimo un po’ troppo e penso che molti anni della mia vita sono già stati vissuti senza aver il privilegio di essere ricordati nei libri di storia, mentre invece mancano ancora molti anni al mio vero risveglio.


Eccerto, voglio essere sincero e trasparente come mio consueto, io sono un tecnico. Noi tecnici siamo soliti a trascorrere delle vite un po’ sotto le righe. No, non ci definiamo new wave, né tantomeno dei nerd. Alcuni di noi fanno fallire importanti società bancarie e non, ma in linea di massima siamo persone corrette e posate. Niente cocaina party, niente baldracche che andrebbero ad intaccare inevitabilmente la nostra salute in età precoce. Noi siamo per il mantenimento di uno stile di vita equilibrato e sano, è questo il nostro credo, quello per cui ci svegliamo e facciamo delle cose tecniche per mantenere il nostro livello tecnico bene in evidenza.
Forse qualcuno ci rimprovera di ragionare troppo come “la formica” e troppo poco come “la cicala”, e forse effettivamente è così che stanno le cose. Ma il tempo ci da ragione ed infatti, quando la maggior parte dei nostri coetanei soffre già da svariati anni di demenza senile, osteoporosi, pressione arteriosa alle stelle, disturbi urinari o più semplicemente di artralgie noi invece ci prendiamo carico di una intera nazione da fare riemergere dopo anni di buio, grazie alla nostra astuzia, ingegno, spirito riformista e d’avanguardia, sempre cantando a squarciagola:

"...
But we are young
We get by
Can't go mad, 'aint got time
Sleep around if we like
But we're all right
Got some cash, bought some wheels
Took it out, 'cross some fields
Lost control, hit a wall
But we're alright...."                          















giovedì 14 luglio 2011

C.I.M.D.S.C. CONTRO I THE STROKES. 1 A 0 PER L'ITALIA

DOPO 6 ANNI GLI STROKES TORNANO IN ITALIA

chorus: uooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

Finalmente quel fottuto album è stato ultimato ed ora il loro tour supermegaultra comprenderà anche una parte di Africa subsahariana e buona parte degli atolli del Pacifico, quindi ci sarà anche una data in Italia!

chorus: uuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu

Non vedo l'ora cazzo, non sto più nella pelle, sarà il gig dell'anno!

chorus: sìììììììììììììì uooooooooooooooooooooooooooooooooooo uuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu

Ma porco dio costa 55 euro davvero? Ma cazzo ma un festival in qualsiasi altro paese civile lo paghi 150 e hai 3 giorni di musica col campeggio. vabbè, ma dove lo fanno? Ah in zona fiera  Milano, capito. Quel posto dove devi pagare 15 euro di parcheggio e non hai nessun'altro tipo di scelta? Sì figo ok andiamo.

Come sempre la grande gioia di un concerto stellare era già notevolmente ridimensionata dopo appena 6 secondi. E il bello non era ancora arrivato.
Decido però di non dare 55 euro a questi businessman da strapazzo (scusate ma mi sento un figo a dirla ogni volta, in realtà non ho nemmeno soldi per un live dei tre allegri ragazzi morti) e pochi mesi dopo viene ufficializzato anche il cambio location da "Rho" al Castello Sforzesco di Vigevano.
No, ditemi di no. Ancora sto Castello Sforzesco? Lo splendido Castello, in un'italianissima concezione di "location figa, l'impianto? non se ne accorgerà nessuno". Vecchi ricordi di un live di Julian Casablancas mi assalgono. Ricordo ancora il prato disseminato da SEDIE (gentilmente spostate dai presenti, provando a spiegare che non suonava Vecchioni quella sera) ed un impianto a dir poco ridicolo, con tanto di Julian costretto a pavoneggiarsi (e bere) il triplo pur di cercare di mascherare il tutto. Non c'era riuscito.


Ma il 2011 sarà un'anno diverso, gli Strokes non vengono in Italia da una vita e non possiamo sbagliare.
Effettivamente non c'è stato nulla di assurdo, l'impianto (che ha retto i Chromeo e i Verdena) è puntualmente saltato a metà esibizione dei "The Strokes". Il C.I.M.D.S.C. Comitato Italiano di Mantenimento del Degrado Sociale e Culturale è intervenuto prontamente ed ha evitato in extremis un'ottima performance di una band internazionale che probabilmente era già convinta di tornare negli States a dire che l'Italia è una figata: cibo buono, belle donne e concerti paurosi. Invece no stronzi, nemmeno stavolta l'avete vinta, è andato tutto a troie grazie al cielo e nessuno oserà dire nemmeno stavolta che tutto è andato per il meglio. Nessuno si sognerà di dire che in Italia la scena musicale è paragonabile a quella di altri paesi.
Nel frattempo, comunque, è iniziata un'interessantissima diatriba sul quale sia il motivo principale del misfatto. Il C.I.M.D.S.C. ha fatto un lavoro perfetto anche stavolta.

C'è da dire che esiste un'altra corrente di pensiero, anch'essa sorretta da attendibili ipotesi e materiale per documentare le proprie ragioni. C'è chi dice infatti che il blackout sia stato causato dalle prime 3 file del pubblico, composte quasi unicamente da assordanti teenagers (che ringrazio per aver partecipato come chorus durante il mio articolo) le quali, indifferenti ai continui stop del concerto, probabilmente hanno causato dei disguidi tecnici dopo l'ennesimo orgasmo collettivo con conseguente innalzamento del livello di liquidi sui cavi dello sfortunato service.


UUUUUHHHH JULIAAAAANNNN UUUUUHHHHH


In conclusione: se non ti va di lavorare in fabbrica o di andare a zappare, puoi comunque andare a fare lo statale! Non metterti ad organizzare concerti!

domenica 29 maggio 2011

ARTE, ARTISTI, CREATIVI, FANTASIA

Creare creare ed ancora creare. Senza mai fermarsi. Mille impegni, son sempre impegnato, spero di riuscire almeno a mangiare oggi, è dal mese scorso che non tocco cibo poiché sono sempre di corsa, tutti mi vogliono. Questa non è la frenesia del 2011, come poteva forse apparire. La frenesia è così dozzinale, è una cosa che ormai han tutti, è fuori moda. Questa invece è la vita di NOI ARTISTI. Fotografi, designer, scrittori, pittori, scultori, scrittori, art director, promoter, dj, giornalisti, registi, videomakers, illustratori, musicisti, blogger e, timidi grafici, ormai passati da punta di diamante del filone degli “artistici” a ultima ruota del carro.  
Non ditemi che non contate almeno una ventina di artisti tra i vostri amici. Dai su, non fate i timidi. Lo so che poi magari qualche blogger freelance intervisterà anche voi, magari in cambio di qualche free drink scambiate con qualche fotografo di party, ma non nascondetevi e parlateci dei vostri amici artisti!

"Chepppalle, stamattina mi son svegliato alle 10, dovevo andare in ufficio a creare."

E noi, invece, che di photoshop, di moda e di reflex non ci capiamo un cazzo, siamo relegati a passare intere nottate a leggere nomi di stilisti svedesi in rapida successione, per poter accedere alle future manifestazioni di street art. E noi che non eravamo a nessun evento del fuori salone, fondamentalmente perché non ce ne fregava niente, ora dovremo ordinare gin tonic sistematicamente ogni santa volta che sentiamo “Via Tortona”, in modo da deviare l’attenzione magari con simpatia “Massì, io al fuori salone ero ubriaco. Non mi ricordo un cazzo!”  strappando un “ahaha anch’ioooo” e alcuni applausi mentre ci si accende una sigaretta.

Tutto questo capita a chi di artistico non ha niente.
Pensare che invece alcuni individui manifestano sintomi di creatività devastanti, quasi patologici. Ho visto dei punk fermarsi a disegnare fuori da Zara, in preda a visioni fantastiche. Ho visto blog dove una comunissima persona fornisce dettagliate recensioni su qualsiasi cosa inerente a: musica, libri, arte, cinema, fotografia, moda; pur non avendo la benché minima conoscenza in nessuno di questi campi. 
Ho letto di possessori di reflex autodefinirsi “art director” o quasiasi sostantivo susseguito dalla parola “designer”. Ho parlato con semplici dipendenti della Diesel che mi narravano delle loro mastodontiche idee rivoluzionarie e dei loro viaggi fatti di feste, alcol, orge di brainstorming e transessuali in vettoriale.
Fondamentalmente di chi stiamo parlando? Semplice. Solitamente disoccupati, o lavoratori normali, ma con ambizioni planetarie. Sono loro, gli artisti, il popolo della gente che non versa i contributi perché non ne ha bisogno, il popolo di Londra e del mac, quelli che son persone riservate ma perennemente alle migliori feste della zona.
Sicuramente sarà capitato anche a voi di dover allungare i due euri per una birra di un artista. “Cazzo sono al verde, non posso sbronzarmi” mugugna ad alta voce per ottenere il suo fresco bicchiere di birra. E noi che proviamo una tristezza infinita, ci lasciamo sempre fottere, consapevoli che dopo 3 mesi massimo ci arriverà una telefonata su skype dalla persona artistica in questione: “Heyy sono a Londra! Lavoro? Sì cioè mille robe da fare, ti racconterò! Sono in uno studio di designer e promoter, figada, faccio l’assistente. Gratis ovviamente, bè ma si deve partire dal basso. Come dici? Volontariato? No, quella è roba da sfigati. Scusami, il mio nuovo mac pro non riesce a fare il rendering mentre son su skype e compro tshirts in ebay contemporaneamente, ci si sente! See you, bye!”

Ed è così che noi, commessi o baristi, operai o giardinieri, tecnici dei condizionatori o cavie umane presso qualche ditta di superalcolici siamo costretti nostro malgrado, ad iniziare un lungo cammino di bestemmie e imprecazioni ed a rassegnarci al fatto che non siamo artisti e non lo saremo mai.




mercoledì 13 aprile 2011

DIFENDI I CONFINI DEL TUO CERVELLO




Non ci è permesso parlare di politica, quindi non lo faremo. Siamo diventati ormai troppo famosi con questo blog, Tremonti lo segue ogni giorno, Rutelli legge qualche articolo appena torna da lavoro mentre Di Pietro se lo fa leggere da chi di dovere, per conciliare il sonno.
Quindi lungidanoi il parlar di politica. Ma oggi vorrei solamente permettermi di dare dei consigli.
Ho sentito che in questi giorni la lega nord, probabilmente stanca di pensare al federalismo fiscale (che ricordiamo “sta per essere attuato, questione di minuti” cit.) ha deciso di prendere in mano la questione immigrati, con un’idea brillante, frutto di menti acutissime.
L’idea è infatti quella di, subito dopo aver abbandonato la CE, ritirare tutte le truppe sparse nelle varie "missioni di pace" ed usarle per riportare un bel po’ di pace proprio qui da noi, dove sembra essere minata fatalmente da qualche profugo in fuga dalla sua nazione in guerra. Un bel muro umano, anzi militare, che provveda ad eliminare i flussi di migranti che cercano di approdare in Italia.
 Metto a disposizione un link (il primo che trovato) dove Calderoli parla del difendere i confini.

Proprio a lui e a tutte le persone che danno quotidianamente modo a beceri di questo tipo di potersi esprimere, vorrei permettermi di indicare un libro fantastico, secondo il mio parere.
Il titolo è “L’isola”, la casa editrice è Orecchio Acerbo (che consiglio vivamente) ovvero dei veri geni nel loro percorso di fiabe per bambini che non fanno male ai grandi. Armin Greder è l’ideatore della storia, Alessandro Baricco il traduttore, ed è consigliato per utenti a partire dagli 8 anni di età.

Un uomo sulla spiaggia di un'isola. Solo, sfinito, nudo. Anche così però, incute paura agli abitanti. Tuttavia lo raccolgono, lo chiudono in un vecchio ovile abbandonato, e tornano alla vita di tutti i giorni. Ma l'uomo ha fame, chiede cibo. Ormai la paura serpeggia. Lo straniero genera inquietudine. E così gli abitanti decidono di sbarazzarsene  E di costruire un grande muro tutt'intorno all'isola per impedire che mai più uno straniero vi metta piede.

Se non avessi letto, non avrei mai creduto fosse rivolto a dei bambini di terza elementare. Credevo potesse essere una risposta al presunto libro dello sceriffo Gentilini. Invece probabilmente è solo un piccolo, ma concreto passo avanti verso la ricostruzione morale di un popolo ormai ridicolizzato e veramente, per quanta satira e stronzate ci addolciscano la pillola, di fronte ad una situazione che ha del drammatico.
Pieno supportoi dunque ad orecchio acerbo, sperando di scoprire altre piacevoli realtà che mirano ad una “libera forma di pensiero” e ad una rieducazione forte ed azzardata, che parta dal principio e da chi sarà concretamente il futuro. Perché di vecchio, in questo paese, c’è già troppo.

(Ecco il link da dove si può scaricare la versione pdf del libro: L'isola .)

domenica 10 aprile 2011

OGGI PARLIAMO DEL "Paradosso del gatto di Schrödinger"

La domenica è il giorno ideale per far luce su alcuni quesiti che non ci fanno star tranquilli la notte.

"All'interno di una scatola d’acciaio Schrödinger immagina di porre un gatto e una piccola quantità di sostanza radioattiva, la cui disintegrazione viene registrata da parte di un contatore Geiger il quale a sua volta mette in azione un martello che infrange una fialetta di veleno in forma gassosa. Ora volendo seguire alla lettera la teoria quantistica, sostiene Schrödinger, passato un certo periodo di tempo dall’istante in cui il gatto è stato messo all’interno della scatola e ha avuto inizio l’esperimento, ci si trova nella situazione in cui il momento della disintegrazione della sostanza radioattiva non può essere calcolato con esattezza (risultando tale momento sovrapposizione di più tempi) e quindi ci si trova nella impossibilità oggettiva di assegnare un reale stato di vita o di morte al gatto. Anzi ci si trova in una strana situazione ove la fiala di veleno risulta potenzialmente allo stesso tempo rotta e non rotta, con un gatto contemporaneamente vivo (fialetta non rotta) e morto(fialetta rotta)"




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giovedì 24 marzo 2011

SCRITTURA E LEGA NORD

Accolgo con piacere la notizia riportata sul Gazzettino (Gentilini a Vigonza), non tanto per manifestare il mio appoggio alla lettera di protesta degli abitanti di Vigonza, che trovano fuori luogo la visita dello "SCERIFFO", ma in quanto rimango stupito dalla presentazione del suo libro intitolato appunto "Il sindaco sceriffo".
Oltre a confermare la mia ignoranza riguardo alle pubblicazioni editoriali, provo una sensazione strana. Forse perchè siamo davanti al libro svolta della decade attuale.

"Un libro ormai passato alle pagine della storia dell'editoria italiana, inserito di diritto nella collana "Piccoli Brividi". Da sottolineare anche gli inserti presenti nel volume: un permesso di soggiorno, un dizionario veneto-italiano e degli adesivi fluorescenti da attaccare sul proprio mezzo agricolo"                   La Padania.

Particolare risalto ritengo debba essere dato al lavoro grafico della copertina, dove il nostro autoritario e ferreo sceriffo viene rappresentato in tutta la sua eleganza, denotando un lavoro di avanzamento tecnologico eccellente, tipicamente regionale, che porta il Veneto ai vertici delle classifiche di formazione e di istruzione (notiamo la cura nello scontornare con photoshop).

Concludo con un appello, senza dilungarmi troppo: RISPARMIAMO GLI ALBERI, BASTA LIBRI!